GRADITI OSPITI (2)

In concomitanza col vomitevole spettacolo che offre la politica italiana di questi tempi, offro spazio e parola (sul punto) ad un amico siciliano di spessore (sociologo, ha all’attivo la pubblicazione di un libro: "Mappumi"). Spero egli gradisca; spero voi gradiate.

Ciao a tutti,

ho pensato di scrivere questa lettera nel momento in cui è caduto il governo Prodi e ho sentito i primi commenti di alcuni che, come me, il governo l’avevano votato.

Quello che è accaduto e i commenti successivi meritano a mio avviso un momento di riflessione, breve, ma un poco articolato, che vorrei condividere.

La vita del governo Prodi è stata difficile sin dall’inizio, per via della compagine composita, del poco coraggio di molti, forse anche perché non circola tra il ceto politico nessuna idea particolarmente innovativa e capace di suscitare entusiasmo ed energia. La vita del governo è stata inoltre costellata da molte critiche, da parte degli avversari politici, dei ceti sociali intaccati dagli interventi di Bersani e Visco, ma anche da parte di noi elettori che non gli abbiamo mai perdonato le continue oscillazioni e le mediazioni infinite.

Ora che il governo è caduto qualcuno di noi già lo rimpiange, perché sa bene che quello che verrà dopo è sicuramente peggio. Qualcun altro pensa di non andare più a votare, perché tanto poi non è che cambi molto quando vince il centrosinistra.

Mi colpiva nelle critiche e mi colpisce ora nei commenti, l’aspettativa che un governo possa affrontare e risolvere i problemi, e ancora di più che possa cambiare il paese. Certo, anche i politici prima delle elezioni, e Prodi stesso, diceva che il suo governo avrebbe cambiato il paese. Sbagliano a promettere tanto, ma non è di questo che voglio parlare. A me interessa l’aspettativa di quelli come me. Quelli come me (me compreso), le persone a cui questa lettera è indirizzata, avevano una aspettativa che definirei salvifica e ora soffrono di delusione e di paura di quello che verrà. Mi colpisce il fatto che anche gli elettori di destra hanno la stessa aspettativa salvifica, e la ripongono su Berlusconi, perlopiù. Questo tipo di aspettative sembra caratterizzare l’atteggiamento degli italiani verso la politica, che si traduce in delega in bianco e critica feroce appena le cose non vanno come ognuno di noi singolarmente le ha immaginate. L’alternanza politica è in realtà l’alternarsi delle illusioni e delle delusioni. In questo chi vota a destra e chi vota a sinistra sono uguali.

E questo mi fa arrabbiare.

Un governo per me è solo uno strumento di amministrazione. Può amministrare più o meno bene, può dare certi indirizzi invece che altri, può sicuramente influenzare la prevalenza di certi interessi invece di altri. Può fare un sacco di cose, ma le possibilità effettive di azione e di influenza dipendono in prima istanza dalla capacità della società di creare domande e forme di vita diverse, più varie e ricche, e solo in seconda istanza, dagli equilibri presenti in parlamento. Questo vuol dire che se vogliamo che un governo prenda determinate pieghe, più attente ai ceti deboli, ai diritti civili, o a quello che vi pare, ecc. non ci resta che suscitare nella società l’inedito, costringendo il ceto politico a occuparsene. Non esiste niente e nessuno, nemmeno il migliore dei Presidenti del Consiglio che può fare a meno di questo.

Se ci riflettiamo un po’, noi viviamo in un paese che spera nella salvezza ma non crede di poter modificare determinati equilibri se non attraverso vie contorte e illegittime. Basti pensare che siamo un paese che ha un’altissima tolleranza della corruzione, perché evidentemente è considerata l’unica via per spuntarla. I corrotti non solo sono tollerati, ma sono ammirati perché ce l’hanno fatta e perché con la loro presenza ci dicono che anche noi potremmo farcela. Basti pensare a Berlusconi, a molti politici, ma anche a molti professori universitari, costruttori abusivi, industriali sovvenzionati, evasori fiscali, finanzieri avventurosi con i soldi degli altri, e così via. Siamo anche un paese dove l’azione collettiva si esprime sempre in forma di resistenza a decisioni assunte da chi governa e vissute come sorprusi, mentre è molto rara e caratterizzata da violente fiammate emotive la mobilitazione intorno a un progetto.

Se si tornasse a votare oggi rivoterei con estrema convinzione per Prodi, sapendo che un sistema politico che costringe a mettere insieme Mastella, Dini, Veltroni, Binetti, Bertinotti, Marco Rizzo, Marco Pannella e Pecoraro Scanio non può produrre granché di buono. Produrrà qualcosina, speriamo non pessima. E avrei ragione, credo, perché il governo Prodi ha prodotto poche cose non pessime: il risanamento dei conti, la stentata liberalizzazione di determinati servizi, la riduzione dei costi della politica e dei ministeri, la riforma delle procedure di valutazione delle Università, dei ricercatori e dei docenti universitari, ha finanziato le ferrovie e riaperto i cantieri che Berlusconi aveva lasciato a secco, recuperato molta evasione fiscale. Piccole cose di ordinaria amministrazione che però sono meglio delle grandi cose di pessima amministrazione e di interessi personali del precedente governo.

Se domani Prodi o il centrosinistra rivincessero, la prima cosa che farei è trovare un altro luogo dove costruire speranza, dove suscitare domande, dove esercitare l’immaginazione. Altrimenti saremmo punto e a capo, e gli italiani ricomincerebbero a produrre paure, difese corporative, timore dell’innovazione e del cambiamento. E non mi aspetterei mai di cambiare il mondo, ma solo di diventare migliore e di dare un contributo al mio paese e alla mia città perché sia un po’ più sorridente e aperta al futuro.

Ricostruire da capo i luoghi dove essere felici di immaginare, di provarci e di sbagliare, è un po’ vaga come proposta, mi rendo conto. Soprattutto è priva di un contenuto preciso. Ma sono convinto che ciò che manca principalmente è la possibilità concreta di crearli i contenuti, di non trovarli già precucinati da altri, come quando andiamo a votare alle primarie del Partito Democratico mortificando le energie innovative che lo statu nascenti potrebbe produrre.

Se ci riflettiamo un attimo vediamo come ognuno di noi è pieno di contenuti, in teoria saprebbe come fare, come quando parliamo della nazionale e indichiamo le soluzioni che l’allenatore dovrebbe adottare. Di contenuti ne abbiamo sin troppi. Piuttosto conviene accettare che sono tutti mediocri e che solo insieme agli altri è possibile costruirne di migliori. Non importa che siano luoghi di partito o di movimento o culturali. L’importante è che sappiamo che la rappresentazione politica della società è sempre una sua immagine sbiadita. Occorre colorare il mondo perché qualche sfumatura appaia in un Parlamento.

E questo è quello che volevo dirvi, con la speranza che questa lettera circoli in rete e diventi un’occasione per riflettere e confrontarci, se ne avrete voglia. In caso contrario sarà come un sasso nello stagno, la lettera produrra qualche piccola ondulazione fino ad esaurirsi. Per quanto mi riguarda desidero da ora in poi dare il mio contributo per uscire dall’impasse individuale e collettiva nella quale ci troviamo. Voglio vedere se esiste un partito dove provare a promuovere l’approfondimento e la riflessione invece che l’inseguimento delle notizie del giorno e i comunicati stampa. Secondo me sì e secondo me se il futuro lo guardiamo con un altro sguardo vedremo anche cose nuove che non ci aspetteremmo. Chissà che forme prenderanno.

 

Antonio Castagna

4 Risposte a “GRADITI OSPITI (2)”

  1. volevo chiedertelo…a proposito mi devo ricordare di oliare le ruote ferrate della carrozza e di ordinare un cilindro nuovo per le grandi occasioni. La vecchia tuba mi si è sciupata.

  2. Caro Antonio,

    ammiro la tua buona volonta e la delicatezza con cui tratteggi le possibilità di un’evolversi positivo della vita politica italiana. Le abbraccio in toto. Tuttavia non posso esimermi dall’obbiettare che in realtà la situazione del tessuto sociale italiano è molto più grave di quella che tu pensi, secondo me. Così, vale purtroppo anche per la situazione politica.

    Nella tua splendida lettera hai dimenticato di analizzare l’elemento “Vaticano” che in italia conta come un parlamento ombra, hai dimenticato di sottolineare che la coscienza sociale degli italiani è stata prima mortificata e poi uccisa senza che uno di noi trentenni scendesse in piazza a dire qualche cosa.

    Tu hai scritto:

    “Può fare un sacco di cose, ma le possibilità effettive di azione e di influenza dipendono in prima istanza dalla capacità della società di creare domande e forme di vita diverse, più varie e ricche”

    ed io penso che tutto ciò è già avvenuto, che esisteono forme di vita di coppia per esempio “diverse”, come le convivenze eterosessuali/omosessuali; quello che è avvenuto è che in Italia non si riesce a tutelarle, perchè l’Italia è un paese in cui il popolo è facile da ammansire, data la sua passionalità, attraverso la retorica populista e lo spauracchio di un cambiamento in negativo.

    stessa cosa vale per l’atra tua speranza, quella sui contenuti e sulle nuove forme di aggregazione. L’ultima volta che è successp qualcosa in tal senso, nel 2001 a Genova, sappiamo tutto com’è finita.

    Ciò che sfugge ai più è che siamo di fronte ad un Potere Globale, che ormai è sulla difensiva da un decennio, e che qualsiasi spinta al cambiamento, per ora verrà sempre affossata. Così non può continuare, ovvio, ed il cambiemento sono certo che la spunterà. Ma ora siamo in una frase storica “repressiva”, in cui si tengono le nuove risorse energetiche in frigorifero (mentre si lotta per accaparrarsele), per sfruttare l’economia basata sul petrolio ed il liberismo fino alla fine. I nostri nipoti, mi auguro, vivranno la fase storica del cambiamento vero e proprio.

    Questo vale su scala globale, ma anche su scala nazionale, per le elitè politiche. Un cambiamento “vero” dal basso non è possibile. Perchè sono gli individui presi singolarmente, che non sono disposti a mettere in gioco nulla, a sacrificare nulla, di quel poco che hanno. Sia esso la Playstation 3 o la macchina nuova, o il passeggino da 600 euro.

    Io la vedo così. Ma non mollo.

    Buldra.

  3. Bello. Porterò il tuo commento all’attenzione del tuo collega (di Università s’intende). E gli fornisco gli estremi del tuo blog, zio billi

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